Oggi parliamo di:  Figlie Selvagge



Di: Cinzia Giorgio

Casa Editrice: Rizzoli

Anno: 2025

XVII secolo, Benevento è conosciuta come la città delle Janare. Streghe. Donne che con l’aiuto del demonio riescono ad usare la natura per creare pozioni malefiche per irretire i sensi e insinuarsi nella nobile scienza medica. O almeno questo è quello a cui credevano i perbenisti e i bigotti del tempo. Rosa è una levatrice e guaritrice amata e rispettata nella città e vive con le sue due figlie Maria e Bianca al limitare del bosco, fuori dalle mura di Benevento. È proprio nel bosco che iniziano a verificarsi attacchi a ragazze sole e allora la spiegazione diventa una sola: le Janare. La condizione di donne sole e di scienza sarà il pretesto che il protomedico Piperno utilizzerà contro Rosa e la figlia maggiore Maria, per scatenarle contro la paura e la rabbia del popolo. Le tre impareranno presto che “un mostro può avere parecchie teste inclusa l’ignoranza” (cit. film Frankestein di Guillelmo del Toro).



Un romanzo che nonostante il tema trattato lo definirei delicato, perché delicate sono le sue protagoniste. Donne comuni, lavoratrici instancabili, con un senso di giustizia che va certamente ben oltre il buon costume. Ma le protagoniste sono circondate da altrettanti personaggi secondari raccontati in maniera coinvolgente e che ne danno una caratterizzazione netta e chiara al lettore che siano essi positivi o negativi.

Rosa è una madre forte e risoluta, Maria la figlia maggiore, è di animo nobile e gentile, Bianca, la più giovane è un scoiattolo dolce e curioso. Tre donne molto differenti tra loro ma accumunate da una caparbietà che ho amato e che se in Rosa è evidente sin dalle prime pagine nelle figlie esplode in maniera differente e nel seguito della storia. Ma quello che non perderanno mai è la delicatezza d’animo che le rende così amabili.

Ma le protagoniste sono circondate da altrettanti personaggi secondari raccontati in maniera coinvolgente e che ne danno una caratterizzazione netta e chiara al lettore che siano essi positivi o negativi (infatti il protomedico lo si odia subito!).

La storia qui raccontata è uno spaccato vivido di quello che viene ricordato come “la caccia alle streghe”. Anziane, vedove, erboriste, levatrici, guaritrici e in generale donne che non rientravano nei canoni che la società dell’epoca imponeva hanno lasciato sangue, cuore e dignità nelle carceri e nei tribunali civili ed ecclesiastici. Dilaniate nella carne e nello spirito per essere detentrici di saperi ancestrali legati alle tradizioni e gli antichi culti contadini da cui la Chiesa stessa ha ripreso feste e costumi appropriandosene totalmente.



La scrittura è chiara, limpida, il testo scorre senza inutili ridondanze, scandito da paragrafi e capitoli abbastanza brevi, un espediente che amo e mi rende più agevole e veloce la lettura.

Cosa mi è piaciuto: a differenza delle molte narrazioni sul tema, qui il clero non è contro le protagoniste ma anzi, è evidente come riduce la paura della stregoneria a mera superstizione, rimbalzando l’odio e la psicosi ai poteri politici. Inoltre mi è piaciuto molto l’alleanza che si instaura tra le donne si ogni genere e rango. Ho adorato le note alla fine che spiegano bene tutto lo studio che c’è dietro questo romanzo e che ho divorato avida di notizie sul tema.



Cosa non mi è piaciuto: nonostante la storia sia costruita bene, l’ho trovata forse davvero un po’ troppo romanzata e delicata, quindi non mi ha fatto innamorare in realtà della storia e non mi ha apportato molto di più sulla visione della donna nella società del tempo.

Personaggio preferito: Maria.

4/5


Commenti

  1. La recensione mi ha incuriosita su un tema che da sempre rievoca una mentalità molto chiusa. L' approfondimento di tale argomento sembrava toccare eccessivamente la pubblica morale senza capire effettivamente cosa ci fosse dietro. Ecco perché sono ansiosa di leggerlo. Grazie mille 👏🏻

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